Senza stella Michelin è più cool? 

stelle michelin

Le note stelle Michelin stanno perdendo sempre più appeal: ecco perché 

Placca rossa affissa fuori dal ristorante? Qui giace una stella Michelin. Prestigioso simbolo di eccellenza culinaria, la stella Michelin si assegna a tutti quei ristoranti considerati di un “livello superiore”, se non eccezionalmente straordinario. Ambizione e desiderio, la stella Michelin è letteralmente il Sacro Graal dei cuochi. Eppure, tutto questo sogno pare essere diminuito nel corso del tempo.

Stella Michelin è orgoglio internazionale, ma che ansia! 

Quando un ristorante ottiene una stella Michelin significa che ha colpito nel segno. Nate da un’idea umile dei fratelli della nota azienda di pneumatici, le stelle hanno cominciato a prendere sempre più piede nel campo della ristorazione e, più nello specifico, in quello della gastronomia. Dalla famosa “guida per i viaggiatori automobilistici”, si è arrivati alla guida gastronomica dedicata ai ristoranti migliori. Si valutano location, cucina, personalità dello chef, qualità dei prodotti, tecnica culinaria, equilibrio tra gli ingredienti, rapporto qualità-prezzo, costanza di rendimento. Le stelle assegnabili vanno da una a tre tenendo conto di tutti i parametri citati. 

Conquistare una stella Michelin significa prestigio, ergo “aria di sfida” 

Affari, clienti che aumentano, attenzione da parte dei media, maggiore pubblicità, hype che cresce, competitività tra chef: tutto questo e molto altro avviene grazie a quella semplice targhetta rossa fuori dal ristorante. Conquistarla non è così semplice e il processo di valutazione richiede tempo e impegno. Eppure, nonostante l’enorme prestigio che le stelle “regalano” al ristorante, perché sono molti gli chef che vi rinunciano? Che cosa si nasconde dietro l’abbandono o, in molti casi, dietro la rinuncia? 

STELLE IN ITALIA

Rinunciare alla stella Michelin sta diventando (quasi) abitudine

Senza stella Michelin si sopravvive: è questo il mantra che moltissimi ristoranti si ripetono ogni giorno da un po’ di tempo a questa parte. Sì, ottenere una o più stelle è sicuramente motivo di grande orgoglio, nessuno qui lo nega, ma questo non significa che non si possa stare bene senza. Quella targhetta rossa, infatti, porta un sacco di pressione sulle spalle degli chef, gli stessi che spesso e volentieri rinunciano alla loro creatività culinaria solo per puntare alla perfezione estrema e, forse, all’ottenimento della stella. Con una stella affissa fuori aumentano le aspettative, aumentano i costi, aumenta lo stress psicologico, aumentano gli investimenti: una stella non è per sempre, meglio un diamante, che in questo caso si chiama libertà.

“Segui la stella”: vale di più la libertà artistica o la pressione Michelin?

Stanchi di dovere stare ai dettami della guida Michelin, sempre più chef decidono di rinunciarvi. Per molti, oggi, la stella perde appeal: si punta a una maggiore libertà d’espressione che, attenzione, non esclude ovviamente la qualità, anzi. Basti pensare ai giovani chef creativi e alle loro creazioni, oggi apprezzate in tutto il mondo nonostante fuori dal locale non ci sia quella targa. 

Rinunciare alla Stella per tornare a vivere di passione? Sì grazie!

Il fenomeno, perché ormai è così che può definirsi, dell’abbandono o non inseguimento della stella è transnazionale. Conoscete il caso di Sebastien Bras? Lo chef, figlio del grande Michel, nel 2017 ha rinunciato alle Tre Stelle Michelin per “ripensare alla sua vita e cercare in essa un significato più profondo”. Ma non è il solo: a rinunciare all’oggetto del desiderio della cucina mondiale sono in tanti e in tante e, guarda un po’, la motivazione è sempre la stessa: abbandonare la pressione e puntare alla libertà, che è anche più fruttifera.

… e se a rinunciare alle Stelle è anche Gualtiero Marchesi?

Forse non tutti lo sanno, ma nel 2008 anche il grande Maestro Gualtiero Marchesi si è scontrato con il sistema di attribuzione delle stelle Michelin. Lui, che di targhette affisse ne aveva ben tre, decise di punto in bianco di rinunciarvi, affermando con fervore di “volere ricevere commenti, non punteggi!”. Il caso ebbe un clamore mediatico non indifferente, ma ciò che indignò profondamente lo chef fu la grande disparità tra Italia e Francia: “Ciò che più m’indigna è che noi italiani siamo ancora così ingenui da affidare i successi dei nostri ristoranti — nonostante i passi da gigante che il settore ha fatto — a una guida francese. Che, lo scorso anno, come se niente fosse, ha riconosciuto il massimo punteggio a soli 5 ristoranti italiani, a fronte di 26 francesi. Se non è scandalo questo, che cos’è?”, aveva dichiarato.

“La passione per la cucina non può essere subordinata ai voti”

Marchesi puntava alla passione, non alla stella, e forse è proprio questo che lo ha spinto a rinunciare alle sue: “So che molti degli chef si sacrificano e lavorano astrattamente per avere una stella. Non è né sano, né giusto. Quando mi tolsero la terza stella il mio commento fu ‘ ad ogni stella che cade esprimo un desiderio’”. Una lezione che forse oggi gli chef dovrebbero fare loro: si può vivere felici anche senza stella, forse anche di più.

Però, perché c’è sempre un però, bisogna sempre tenere a mente un pensiero: non inseguire la stella non significa lavorare con scarsa qualità e/o preparazione. Tutt’altro: si può fare a meno della tanto ambita targhetta, ma lo si può fare lavorando con grande professionalità. Solo meno ansia, solo meno ricerca ossessiva della perfezione: il sogno che va avanti, la passione trasposta in piatti, la costanza di chi studia e vive per le storie che il cibo può e sa raccontare.

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